(Teleborsa) – Si parla di criptovalute come mezzo alternativo ai pagamenti tradizionali o come strumento speculativo. Ma dalla loro infrastruttura tecnologica (blockchain) sono stati sviluppati ulteriori fenomeni, fra i quali merita particolare attenzione il token. La sua rilevanza va ben al di là dei pagamenti e degli investimenti, posto che ci si domanda perfino se il token possa costituire uno strumento per facilitare la circolazione di diritti reali immobiliari o di partecipazioni societarie. A quest’ultimo proposito, si segnala che il Decreto-legge 17 marzo 2023, n. 25 disciplina la “Emissione e circolazione in forma digitale di strumenti finanziari” e contiene “misure di semplificazione della sperimentazione FinTech”: in quest’ambito sono previste, tra l’altro, le modalità di circolazione di azioni e obbligazioni mediante tecnologie a registro distribuito (DLT), ovvero attraverso lo strumento del token.
Carlo Cicala, giurista e avvocato cassazionista, partner di Cicala Riccioni & Partners, descrive in questo video la natura giuridica del token e la differenza con le criptovalute.
La funzione dei token
In mancanza di una definizione normativa, quantomeno nel diritto italiano, per comprendere il fenomeno dei token occorre individuarne la funzione originaria, che è rivelata dal significato della parola che indica, così come l’italiano “gettone”, una moneta privata che incorpora il diritto ad utilizzare un determinato servizio, così come avveniva (un tempo) per i gettoni telefonici o le lavanderie automatiche, e ancora oggi, seppure senza il supporto fisico, per i “punti” che consentono di acquistare biglietti aerei o ferroviari. Il loro valore di mercato dipende, pertanto, dalla natura e soprattutto dall’affidabilità del soggetto che li ha emessi e che è destinato ad erogare il servizio, e la loro attitudine a sostituire un mezzo di pagamento è generalmente assai limitata.
Trasportando questo strumento nel mondo della blockchain, la loro rilevanza può crescere di molto, in quanto il loro scambio con criptovalute o altre cripto-attività diventa semplice e quasi immediato, tanto da poter addirittura essere assimilati, in casi specifici, a strumenti di investimento.
Il ruolo degli smart contract nella creazione dei token
Non si può descrivere il fenomeno dei token senza aver fatto cenno al ruolo degli smart contract. Mentre per comprendere i token il significato della parola “gettone” può essere d’aiuto, negli smart contract il termine “contratto” è fuorviante e conduce su una strada sbagliata. Lo smart contract, infatti, nasce sulla blockchain Ethereum ed è un programma, ossia una sequenza di istruzioni informatiche, destinate ad essere eseguite da un computer virtuale, la Ethereum Virtual Machine (EVM). Rispetto ai programmi che tutti usiamo quotidianamente, lo smart contract si caratterizza per il fatto che la sua esecuzione e la sua modifica è, in parte, sottratta al controllo del suo autore.
Il token, per l’appunto, è il risultato dell’esecuzione di uno smart contract. Detto in altre parole, lo smart contract contiene le regole di emissione, circolazione e funzionamento del token, il quale, diversamente da una criptovaluta come bitcoin, può essere emesso in un numero anche indefinito di unità.
La disciplina giuridica dei token
Quanto alla natura giuridica del token in sé, si può osservare che questo rientra nella ampia definizione di cripto-attività prevista dalla legge di bilancio 2023, la quale ne assoggetta espressamente a tributo le plusvalenze. In realtà, una disciplina “unitaria” del fenomeno token al momento è mancante, in quanto, in ragione di quanto appena detto, il token non è stato ancora ricondotto ad un concetto giuridico unitario.
La sua natura, infatti, dipende strettamente dalla sua funzione ed in particolare al rapporto contrattuale in cui si inserisce.
Al momento, pertanto, l’ordinamento giuridico italiano si interessa del token soltanto sotto alcuni e specifici aspetti, che sono sempre correlati alla sua funzione. Ad esempio, la CONSOB ritiene che i token, a seconda delle loro caratteristiche, possano essere considerati dei prodotti finanziari, e quindi assoggettati alle regole specifiche previste dal TUF, ed in particolare agli obblighi informativi nei confronti degli investitori. Tanto che, in più occasioni, la CONSOB ha disposto l’oscuramento di siti che offrivano token al pubblico italiano proprio per aver violato tali obblighi.
Il recente Decreto-legge 17 marzo 2023, n. 25 prevede, tra l’altro, la possibilità che azioni e obbligazioni circolino su blockchain attraverso token, ma a specifiche condizioni, tra le quali l’identificazione del titolare, la tenuta del registro da parte di un soggetto determinato, e la vigilanza di Consob e Banca d’Italia.
Si va verso una tokenizzazione dell’economia?
In conclusione, e senza entrare ulteriormente nel dettaglio, si può dire che, se ci poniamo dal punto di vista delle tutele, ossia delle garanzie che assistono la tokenizzazione di beni o servizi, si può dire che questa ha ancora il punto di riferimento nel mondo non digitale. La tecnologia basata sui registri distribuiti (DLT), che comprende il fenomeno della blockchain, fornisce un innovativo strumento tecnico per facilitare la creazione di nuovi strumenti e soprattutto la circolazione dei “valor”” digitali, ma in caso di malfunzionamenti o frodi ci si deve pur sempre rivolgere al mondo della giustizia non digitale. Sarà il futuro a dirci se questa particolare tecnologia sarà in grado di fornire al suo interno adeguate garanzie di funzionamento dei suoi prodotti.