Carlo Cicala: Le Criptovalute, tra rischi e opportunità.

Intervento nell’ambito delle “Giornate di studio in materia di Cybersecurity” organizzate dal Consiglio Nazionale Forense.

L’intervento di Carlo Cicala ha riguardato la rilevanza giuridica delle criptovalute, con particolare riguardo alla natura dei token a alla definizione di smart contract.

Giovedì 20 Giugno 2024

https://youtu.be/ufcPJ42fYVw

 

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Carlo Cicala. Criptoattività: definizioni e tipologie

Intervento di Carlo Cicala all’incontro di studio della Scuola Superiore della Magistratura: “Il fenomeno delle criptovalute e il suo inquadramento giuridico” presso laSala Unità d’Italia della Corte di Appello di Roma in Via Varisco n. 3/5

Lunedi 27 maggio 2024

https://youtu.be/Ab6dj4IEFC8?si=mnjHtxa4aVghVQ7C

 


Diritto e Blockchain, Carlo Cicala: La natura giuridica dei token

(Teleborsa) - Si parla di criptovalute come mezzo alternativo ai pagamenti tradizionali o come strumento speculativo. Ma dalla loro infrastruttura tecnologica (blockchain) sono stati sviluppati ulteriori fenomeni, fra i quali merita particolare attenzione il token. La sua rilevanza va ben al di là dei pagamenti e degli investimenti, posto che ci si domanda perfino se il token possa costituire uno strumento per facilitare la circolazione di diritti reali immobiliari o di partecipazioni societarie. A quest’ultimo proposito, si segnala che il Decreto-legge 17 marzo 2023, n. 25 disciplina la “Emissione e circolazione in forma digitale di strumenti finanziari” e contiene “misure di semplificazione della sperimentazione FinTech”: in quest’ambito sono previste, tra l’altro, le modalità di circolazione di azioni e obbligazioni mediante tecnologie a registro distribuito (DLT), ovvero attraverso lo strumento del token.

Carlo Cicala, giurista e avvocato cassazionista, partner di Cicala Riccioni & Partners, descrive in questo video la natura giuridica del token e la differenza con le criptovalute.

https://www.youtube.com/watch?v=KOCElRsnhls

La funzione dei token

In mancanza di una definizione normativa, quantomeno nel diritto italiano, per comprendere il fenomeno dei token occorre individuarne la funzione originaria, che è rivelata dal significato della parola che indica, così come l’italiano "gettone", una moneta privata che incorpora il diritto ad utilizzare un determinato servizio, così come avveniva (un tempo) per i gettoni telefonici o le lavanderie automatiche, e ancora oggi, seppure senza il supporto fisico, per i "punti" che consentono di acquistare biglietti aerei o ferroviari. Il loro valore di mercato dipende, pertanto, dalla natura e soprattutto dall’affidabilità del soggetto che li ha emessi e che è destinato ad erogare il servizio, e la loro attitudine a sostituire un mezzo di pagamento è generalmente assai limitata.
Trasportando questo strumento nel mondo della blockchain, la loro rilevanza può crescere di molto, in quanto il loro scambio con criptovalute o altre cripto-attività diventa semplice e quasi immediato, tanto da poter addirittura essere assimilati, in casi specifici, a strumenti di investimento.

Il ruolo degli smart contract nella creazione dei token

Non si può descrivere il fenomeno dei token senza aver fatto cenno al ruolo degli smart contract. Mentre per comprendere i token il significato della parola "gettone" può essere d’aiuto, negli smart contract il termine "contratto" è fuorviante e conduce su una strada sbagliata. Lo smart contract, infatti, nasce sulla blockchain Ethereum ed è un programma, ossia una sequenza di istruzioni informatiche, destinate ad essere eseguite da un computer virtuale, la Ethereum Virtual Machine (EVM). Rispetto ai programmi che tutti usiamo quotidianamente, lo smart contract si caratterizza per il fatto che la sua esecuzione e la sua modifica è, in parte, sottratta al controllo del suo autore.
Il token, per l’appunto, è il risultato dell’esecuzione di uno smart contract. Detto in altre parole, lo smart contract contiene le regole di emissione, circolazione e funzionamento del token, il quale, diversamente da una criptovaluta come bitcoin, può essere emesso in un numero anche indefinito di unità.

La disciplina giuridica dei token

Quanto alla natura giuridica del token in sé, si può osservare che questo rientra nella ampia definizione di cripto-attività prevista dalla legge di bilancio 2023, la quale ne assoggetta espressamente a tributo le plusvalenze. In realtà, una disciplina “unitaria” del fenomeno token al momento è mancante, in quanto, in ragione di quanto appena detto, il token non è stato ancora ricondotto ad un concetto giuridico unitario.
La sua natura, infatti, dipende strettamente dalla sua funzione ed in particolare al rapporto contrattuale in cui si inserisce.
Al momento, pertanto, l’ordinamento giuridico italiano si interessa del token soltanto sotto alcuni e specifici aspetti, che sono sempre correlati alla sua funzione. Ad esempio, la CONSOB ritiene che i token, a seconda delle loro caratteristiche, possano essere considerati dei prodotti finanziari, e quindi assoggettati alle regole specifiche previste dal TUF, ed in particolare agli obblighi informativi nei confronti degli investitori. Tanto che, in più occasioni, la CONSOB ha disposto l’oscuramento di siti che offrivano token al pubblico italiano proprio per aver violato tali obblighi.
Il recente Decreto-legge 17 marzo 2023, n. 25 prevede, tra l’altro, la possibilità che azioni e obbligazioni circolino su blockchain attraverso token, ma a specifiche condizioni, tra le quali l’identificazione del titolare, la tenuta del registro da parte di un soggetto determinato, e la vigilanza di Consob e Banca d’Italia.

Si va verso una tokenizzazione dell’economia?

In conclusione, e senza entrare ulteriormente nel dettaglio, si può dire che, se ci poniamo dal punto di vista delle tutele, ossia delle garanzie che assistono la tokenizzazione di beni o servizi, si può dire che questa ha ancora il punto di riferimento nel mondo non digitale. La tecnologia basata sui registri distribuiti (DLT), che comprende il fenomeno della blockchain, fornisce un innovativo strumento tecnico per facilitare la creazione di nuovi strumenti e soprattutto la circolazione dei "valor"” digitali, ma in caso di malfunzionamenti o frodi ci si deve pur sempre rivolgere al mondo della giustizia non digitale. Sarà il futuro a dirci se questa particolare tecnologia sarà in grado di fornire al suo interno adeguate garanzie di funzionamento dei suoi prodotti.


Diritto e Blockchain, Cicala: "Bitcoin e le altre cripto-attività, come le vede il diritto italiano?"

Il fenomeno delle criptovalute ha suscitato reazioni di diversa natura. Da un lato i recenti crack che hanno caratterizzato questo mondo hanno portato ad interrogarsi sulla bontà della tecnologia che ne è alla base, ed hanno condotto taluno a negarne in radice ogni utilità sociale in quanto usate nell’economia sommersa. Da un altro lato, il legislatore italiano ha sentito il bisogno di occuparsene nella recente legge di bilancio. Segno che il tema, comunque la si pensi, merita quantomeno di essere conosciuto. Il video di Carlo Cicala, giurista ed avvocato cassazionista, partner dello Studio Cicala, Riccioni & Partners, esamina il Bitcoin e le altre crypto-valute dal punto di vista giuridico, spiegando come il diritto italiano “vede” quelle che oggi la legge ora definisce "cripto-attività".

La definizione normativa di criptoattività

La legge di bilancio 2023 inquadra le criptovalute nella nuova categoria delle cripto-attività, che sono definite, ai fini fiscali, come “una rappresentazione digitale di valore o di diritti che possono essere trasferiti e memorizzati elettronicamente, utilizzando la tecnologia di registro distribuito o una tecnologia analoga”. Per semplicità, d’ora in poi si parlerà di bitcoin, la prima criptovaluta (anche in ordine di tempo), nella consapevolezza che il medesimo discorso potrà essere riferito, con gli opportuni adattamenti, anche alle altre.

https://www.youtube.com/watch?v=60yjUowg78s

Il registro distribuito e la funzione originaria di bitcoin

La nozione di registro distribuito, usata dalla legge, porta l’attenzione alla funzione originaria di bitcoin, così come definita nel documento pubblico (white paper) che ne ha definito lo scopo e l’infrastruttura tecnologica. Lo scopo è quello di consentire pagamenti on line senza la necessaria mediazione di una istituzione finanziaria, e la tecnologia prescelta per realizzare questo scopo è quella del registro distribuito. La finalità speculativa, di cui oggi molto si parla, non rientra quindi nelle caratteristiche originarie bitcoin, anche se contribuisce a caratterizzarlo ed a richiamare l’attenzione sul fenomeno.

Dal registro distribuito alla blockchain

In parole semplici, la tecnica prescelta per eliminare l’intermediazione nei pagamenti è quella di annotarli in un registro che, per evitare alterazioni, non è custodito da un ente centrale, bensì da un numero sufficientemente grande di nodi (ossia computer tra loro collegati). Il che fa in modo che non sia possibile modificarlo al di fuori delle regole fissate per il suo funzionamento. In altre parole, il fatto che il registro sia distribuito, ossia che ne siano custodite numerose versioni, garantisce, da un lato, che il numero di bitcoin in circolazione sia definito, ossia pari ad una quantità certa (destinata ad aumentare, secondo regole precise, nel corso del tempo), e dall’altro, che nessuno possa trasferire più bitcoin di quanti ne risultino nella propria titolarità. Si tiene traccia dei pagamenti (intesi come variazioni di titolarità) aggiungendo un nuovo registro a quello precedente ad intervalli di tempo predefiniti. Ogni nuova versione del registro (detta “blocco”), contiene quindi i nuovi trasferimenti rispetto a quella precedente, a cui è concatenata, in modo da formare una “catena di blocchi” che costituisce, per l’appunto, la blockchain.

La criptovaluta come rappresentazione digitale di valore

La legge richiede altresì che la cripto-attività, per definirsi tale, costituisca una rappresentazione digitale di valore. Occorre dire che per “valore” non si intende nulla di simile al valore delle valute tradizionali emesse dagli Stati, come l’euro o il dollaro. Queste, infatti, si caratterizzano per avere "corso legale", ossia per essere obbligatoriamente accettate come mezzo di pagamento (lo stabilisce l’art. 1277 del nostro Codice civile: “le obbligazioni pecuniarie si estinguono con moneta avente corso legale nello Stato al tempo del pagamento”). Le criptovalute (salvo per ora rare eccezioni) non hanno "corso legale”" e quindi possono essere anche rifiutate come mezzo di pagamento. Da ciò deriva che il loro valore, ad esempio, quello di bitcoin, discende soltanto dall’incontro di domanda e offerta, tenuto conto del fatto che il numero di bitcoin in circolazione in un dato momento (oggi ed in futuro) è definito e prevedibile.
Possiamo dire, quindi, che la parola criptovaluta, nella parte in cui fa riferimento alla "valuta" tradizionale, può essere fuorviante, ed è molto più appropriata la nozione di cripto-attività usata dal legislatore tributario.

La nozione di criptovaluta da punto di vista fiscale e da quello civilistico

Così come accade per molti fenomeni dell’economia, anche per le criptovalute l’ordinamento giuridico non assume una posizione univoca, ma il suo inquadramento dipende dal settore di riferimento. Se consideriamo il settore fiscale, la criptovaluta in quanto cripto-attività, è assoggettata ad una imposta sulle plusvalenze del 26% (la legge di bilancio 2023 ha modificato l’art. 67 del TUIR per introdurre, per l’appunto, una lettera dedicata alle cripto-attività).
Dal punto di vista civilistico, anche se la criptovaluta non ha corso legale, può però essere accettata come mezzo di estinzione delle obbligazioni su base volontaria. Occorre, quindi, un accordo per consentire che l’adempimento di una obbligazione avvenga mediante la corresponsione di criptovalute.
Di quest’ultimo aspetto, cioè delle criptovalute come mezzo di estinzione delle obbligazioni, cioè come modalità alternativa al pagamento tradizionale, si parla relativamente poco a livello mediatico (se ne discute, infatti, quasi esclusivamente tra gli specialisti). Ciò accade perché le oscillazioni di mercato ne hanno enfatizzato l’aspetto speculativo, ma sarà il tempo a dirci se in futuro verrà recuperata la funzione originaria, che, per bitcoin, era quella di fornire una modalità alternativa ai pagamenti con monete tradizionali.

fonte: La Stampa