L’Agenzia delle entrate si pronuncia nuovamente.
Con una recente Risposta ad interpello (507 del 12.8.10.2022, la quale richiama le precedenti Risposte n. 110 del 20.4.2020 e n. 14 del 28.9.2018), l’Agenzia delle entrate interviene nuovamente sul regime IVA applicabile agli utility token, che vengono assimilati ai documenti di legittimazione (art. 2002 c.c.) e vengono chiariti i presupposti affinché la loro cessione possa essere considerata esente da IVA.
Il caso prospettato all’Agenzia riguardava una società che si propone di emettere, attraverso un’ICO (Initial Coin Offering) un insieme di token, da collocare sul mercato attraverso una piattaforma, ciascuno dei quali attribuisce al titolare il diritto ad usufruire di un servizio, non ancora disponibile al momento dell’emissione del token, ad un prezzo inferiore a quello che verrà praticato in un tempo successivo. Chi acquista il token al momento dell’ICO, tuttavia, è consapevole del rischio che, per avversi fattori, l’emittente non sia in grado di completare il progetto, o di non completarlo nei tempi previsti. Viceversa, in caso di successo dell’iniziativa, il titolare del Token potrebbe cederlo ad altri (realizzando un profitto) o decidere di conservarlo come riserva di valore.
In proposito, l’Agenzia ha affermato (in aderenza alle precedenti Risposte sopra citate) che la cessione del token costituisce una “mera movimentazione di carattere finanziario” e non assume rilevanza ai fini IVA, in quanto la prestazione (che potrà essere costituita da una cessione di beni o una prestazione di servizi) verrà acquistata e resa in un momento successivo. Sarà quindi solo in quel momento (quello dell’effettivo acquisto della prestazione) che dovrà valutarsi il regime IVA applicabile all’operazione, tenendo conto sia dello status del committente (business o consumer) che dello Stato in cui quest’ultimo è stabilito ai fini IVA.